2014 – Grado Zero – Trittico, Opera dedicata alla shoah, Pinacoteca Nazionale di Cagliari
Rita Pamela Ladogana
Grado zero e Passages (2014).
Contemplazione e partecipazione nelle opere di grande formato di Wanda Nazzari.
Nel 2014 Wanda Nazzari realizza Grado zero e Passages, due installazioni di grandi dimensioni, composte entrambe da tre pezzi. Sono opere scultoree realizzate in legno e costituiscono una testimonianza molto significativa del modo autentico dell’artista di misurarsi con l’utilizzo di un medium tradizionale, un materiale costantemente presente nel suo universo scultoreo.
L’indagine sulla materia è nodo centrale del percorso di ricerca di Wanda Nazzari e si pone in relazione con la tradizione novecentesca in una trama di inedite sperimentazioni e di rimandi alla storia delle avanguardie, sempre con l’urgenza di incrociare la realtà attuale. Dalla durezza dei legni, alla fragilità della carta, al materiale sottile e flessibile dei tessuti si costruisce un rapporto di continuità esistenziale, quasi di immedesimazione attraverso un lungo, lento e faticoso procedimento di lavorazione dal quale emergono le straordinarie qualità e capacità manuali e artigiane dell’artista. Wanda Nazzari è attenta ai valori formali e alle istanze costruttive, esalta le qualità oggettuali dell’opera esplorando il grande potenziale della percezione cromatica; interpreta mirabilmente nel nuovo millennio l’eredità del rivoluzionario rapporto con la materia che l’informale ha insegnato.
Grado zero è testimonianza di irriducibile fatica e di ammirevole sofisticazione tecnica: la fibra del legno è attraversata da minuziose incisioni di dimensioni e profondità sempre diverse. Il colore si insinua in ogni più piccolo frammento di materia, animandola e rendendola instabile e vibrante, con la complicità della luce che accarezza ogni più impercettibile fessura. È apoteosi del bianco, il colore che ha il suono del silenzio e dell’assoluto; il colore con il quale l’artista riesce a dare alle sue opere concretezza di infinito, infondendo loro un’aura sacrale. I tre elementi verticali, alti ciascuno quasi tre metri, dialogano con lo spazio e possiedono una sorta di presenza scenica, come avviene per tutte le grandi sculture di Nazzari. Grado zero è un’opera carica di intenzionalità simbolica, concepita dall’artista dopo l’esperienza segnante della visita al Museo Ebraico di Daniel Libeskin a Berlino. Nel grande complesso architettonico, esempio alto di museologia performativa, l’architetto polacco ha messo in scena il vuoto lasciato dallo sterminio; il vuoto che il nazismo ha creato tra cultura ebraica e cultura tedesca. Grado zero rappresenta il bisogno di colmare quel vuoto attraverso una speranza di rinascita: il bianco si fa racconto di purezza, di processo catartico.
Nel titolo c’è il riferimento alla meditazione Zazen, praticata dall’artista. Il grado zero indica, infatti, la discesa nel profondo, quella più estrema, la sola dalla quale è possibile risalire intraprendendo un ascetico percorso di rinascita. Arrivare al grado zero significare arrivare al non pensiero, al silenzio assoluto per poi tornare alla realtà con una nuova consapevolezza di sé. Wanda Nazzari si rivolge all’umanità intera, al bisogno di catarsi universale, muovendo da un sentire personale attraverso il quale cerca di porsi in relazione con la profondità di un dolore collettivo.
In questo sentire sublimante è possibile individuare il filo rosso che lega tutta la produzione dell’artista: dalle opere di piccolo formato, realizzate in legno, carta o tessuto, fino alle grandi installazioni, l’artista si esprime attraverso un linguaggio carico di simboli e di metafore che muovono dalla necessità interiore di guardare oltre il dramma della condizione presente, alimentando una voce di speranza che condivide con l’attesa la proiezione verso il futuro. Tra le metafore ricorrenti è quella della porta, interpretata come simbolo della necessità del passaggio verso una dimensione nuova, che può essere fisica ma soprattutto mentale. È simbolo di attraversamento pensato come ricerca di uno spazio di meditazione spirituale, ma anche urgenza di “passaggio” salvifico oltre il naufragio del presente. Passages è il titolo che l’artista ha scelto per l’“opera magna” pensata e creata nel 2014; un’installazione che non è possibile leggere prescindendo dalla contestualizzazione nell’ambito di un grande progetto artistico del quale ha rappresentato il nucleo centrale. Metti un nido in Cittadella – questo è il titolo della grande mostra – è un progetto ideato da Wanda Nazzari, allestito a Cagliari nel 2014 negli spazi della Cittadella dei Musei in una complessa commistione di linguaggi. Le arti visive, la poesia, il teatro e la danza hanno dialogato in una narrazione corale, sapientemente articolata, caratterizzata da multidisciplinarità e tesa verso forme creative sempre pensate per favorire una relazione e interazione tra opera e spettatore. Un attraversamento tra differenti territori estetici, che ha preso le mosse dalle tracce prescelte dell’universo creativo dell’artista per giungere ad una formulazione inedita e originale suggestivamente ispirata al modello della rappresentazione sinestetica, di memoria wagneriana. Nel suo lungo e infaticabile percorso creativo Wanda Nazzari ha sempre concepito momenti di contemplazione e azione, in cui si combinano la dimensione dell’istantaneità propria dell’opera d’arte con l’estensione temporale connaturata alla rappresentazione.
Passages invoca aperture, trasmutazioni di senso, attraversamenti da un immaginario a un altro, diverso e nuovo. L’installazione è composta da tre porte di legno che occupano lo spazio e abbracciano il vuoto, in una visione di forte impatto scenografico; sono porte umili e disadorne, in straordinario equilibrio tra imponente presenza ed esile fragilità.
La materia si dispone ad accogliere la purezza del bianco e i segni indelebili della scrittura che l’artista ha inciso con un lavoro di ricercata precisione. La scrittura è indecifrabile, si riferisce a un codice sconosciuto, mai usato prima, ma sempre in inscindibile continuità con il significato profondo che la costante presenza delle parole assume nelle invenzioni di Wanda Nazzari. Sono parole necessarie a serbare il segreto profondo della memoria individuale e storica, che trovano la più libera trasfigurazione nella concentrazione drammatica della materia. «Parola come bellezza, come rifugio, come libertà, come riconciliazione del mondo», scrive l’artista, che ha fatto del rapporto tra materia e scrittura un ambito molto fecondo della sua ricerca, che trova la più alta espressione nella produzione dei libri scultura. Nelle sue creazioni la parola, svincolata dalla rigida struttura interna che un testo esige, si fa segno, non sempre significante o decifrabile all’istante.
La scrittura, intatti, è capace di rivelare e celare al contempo e si configura come il frammento di un lunghissimo brano interiore, nel quale si intrecciano ricordi, emozioni e riflessioni. Il linguaggio è inteso non per la sua capacità di significare e comunicare ma per la sua presenza grafica, per la sua materialità e disponibilità alla manipolazione.
Nell’installazione Passages il racconto, così solidamente scalfito, richiama l’attenzione e accompagna lo sguardo di chi osserva verso le aperture di luce; invita all’attraversamento verso possibili e attesi passaggi di speranza. Così il senso dell’opera si lega al corpo che la percorre, alla visione che ne ha chi la osserva. L’esperienza dell’io, scegliendo in modo autonomo la propria via, diventa protagonista di un processo di fruizione che inizia proprio dalla percezione della scrittura, dalle infinite possibilità di lettura che questa apre. La ricerca di Wanda Nazzari si è costantemente proiettata, fin dai suoi esordi negli anni ottanta, nella direzione del superamento dalla dimensione puramente contemplativa per approdare a una esperienza partecipativa di cui Passages è indubbiamente una delle più alte e significative testimonianze.
2014 – Passages – Sala mostre temporanee, Installazione, Cittadella dei Musei di Cagliari